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Un pasticcio in pasticceria

Marco è un mio carissimo amico pasticciere. I suoi dolci sono un piacere che ogni domenica mi concedo.


Era una delle pochissime pasticcerie aperte in agosto, anche se i clienti erano pochi lui, imperterrito, ha offerto le sue leccornie ai pochi rimasti a soffrire il caldo in città.
Domenica 14 agosto, come ogni settimana, mi sono presentato nella sua pasticceria. Sono entrato, salutandolo con la mia solita enfasi. Lui, invece, era di cattivo umore. Per meglio dire appariva sconsolato. Gli ho chiesto cosa avesse e lui, mogio mogio, ha cominciato a raccontarmi ciò che gli era accaduto.

I clienti erano pochi, poteva essere il momento giusto per sperimentare e lui aveva deciso di fare qualcosa di nuovo.
Qualche settimana prima aveva acquistato un paio di sacchi di farina di tapioca, ha sperimentato per un paio di giorni creando un paio di nuovi cornetti, ma il risultato non era soddisfacente: poco gradevoli e con un aspetto poco rassicurante.
Così aveva messo la tapioca da una parte e l’aveva dimenticata.
Quella notte aveva iniziato a preparare i suoi ingredienti, aveva pulito le macchine tirandole a lucido e, tra uno sbadiglio e l’altro, aveva preso anche la farina, senza guardare. Aveva lavorato e preparato tutto, aveva cominciato ad infornare i primi articoli, a fine cottura li aveva tirati fuori dal forno, sempre con un po’ di sonno ed un po’ di noia a fargli compagnia. Al terzo ed ultimo giro in forno ha distrattamente buttato un occhio sui cornetti. Orrore! Forma e colore non lasciavano presagire niente di buono, annusò con un’attenzione maggiore, panico. Corse verso il banco, guardò i sacchi della farina aspettandosi la botta: era la tapioca. Le bestemmie e gli accidenti che aveva lanciato riempivano l’atmosfera.
E adesso? Un’occhiata all’orologio sulla parete gli confermò che era giunta l’ora di aprire. Io, abitualmente, vado presto nella sua bella pasticceria. Ho guardato la merce in vetrina e sono scoppiato a ridere: in effetti l’aspetto dei dolci era una via di mezzo tra un film dell’orrore ed un film comico. Decisi comunque di provare e presi ciò che prendevo abitualmente. Devo dire che, tutto sommato, i dolci erano commestibili. Certamente diversi, più intensi e più esotici nel gusto, comunque accettabili. La domenica successiva non ho potuto fare a meno di sfotterlo in maniera irriverente. “Allora, oggi? Tapioca? Come fosse antani o no?” aveva seguito il mio consueto saluta. E al suo consueto saluto era seguito un vai af… quel paese ed altre cose poco eleganti. Rincarare la dose dicendogli “perchè non fai anche un po’ di paste al cetriolo?” servì a far ripartire il disco degli insulti, sempre amichevoli, ma che hanno arricchito il mio vocabolario con parole nuove ed efficaci.

Sperimentare è utile, alle volte è un punto di partenza per creare dei veri capolavori. Ma ricordatevi: non tutte le ciambelle vengono col buco, non tutti i mali vengono per nuocere e non esistono più le mezze stagioni.